Le ricerche

UN PROGETTO PER CASALNUOVO MONTEROTARO

Le ricerche archeologiche
dell’Università di Foggia
e della Soprintendenza

Maria Luisa Marchi, Giovanni Forte, Domenico Oione

Le ricerche di ricognizione: il Progetto Ager Lucerinus

Le ricerche che hanno interessato il comprensorio di Casalnuovo si inseriscono in un più ampio progetto finalizzato alla ricostruzione dei paesaggi antichi del comprensorio compreso tra la Valle del Fortore e il Tavoliere, nell’ambito di un vasto programma che interessa oltre a Lucera, molti altri comuni dei Monti Dauni nella provincia di Foggia che partecipano sia con risorse che come comunità (Marchi 2015; Marchi, Muntoni 2018). Le indagini finora condotte hanno interessato i comprensori nei comuni di Pietramontecorvino, Motta Montecorvino, Volturino, Casalnuovo Monterotaro, Castelnuovo della Daunia, Casalvecchio di Puglia, Carlantino, Biccari, Roseto Valfortore, Celenza Valfortore e Lucera (FG). Con tutti i comuni sono stati stipulati dei protocolli d’intesa nell’ambito del progetto di ricerca.

Le ricerche sono condotte in stretta collaborazione tra l’Università e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di BAT e FG e con il supporto delle amministrazioni locali che finanziano la ricerca.

Quest’ultimo aspetto favorisce un profondo dialogo con le amministrazioni locali rispetto a temi come la conoscenza e divulgazione della storia della loro città e delle loro campagne e della loro tutela; conoscenza non fine a se stessa ma strumento essenziale per una buona pianificazione e programmazione degli interventi futuri.

La stretta interazione con il competente ente di tutela territoriale rappresenta allo stesso tempo presupposto e naturale conseguenza di uno degli obbiettivi fondamentali della ricerca condotta, la tutela del patrimonio archeologico territoriale attraverso i metodi e gli strumenti dell’archeologia preventiva, necessariamente da perseguire attraverso il dialogo con i funzionari della Soprintendenza.

Questo progetto viene condotto infatti partendo dal presupposto che uno degli strumenti più efficaci per la salvaguardia e la tutela del territorio è la sua conoscenza e con la consapevolezza che solo attraverso la ricostruzione storica e ambientale dei paesaggi antichi, si può ottenere una pianificazione corretta del paesaggio attuale e soprattutto progettare quello del futuro. Il paesaggio attuale infatti altro non è che il risultato del continuo rapporto tra uomo e ambiente.

Il programma di ricerca, ha come punto focale la città di Lucera, lo studio della topografia urbana della colonia latina del 314 a.C. e la ricostruzione del popolamento del territorio che corrisponde a quello occupato dai Romani, ma con una storia di trasformazione dei paesaggi ben più antica e che si protrae anche oltre, coprendo un arco cronologico dalla Preistoria ai nostri giorni (Marchi, Forte 2020).

L’articolazione metodologica del progetto si basa sulle solide fondamenta della raccolta dei dati di ricerche edite, dei dati custoditi nell’archivio della Soprintendenza, della cartografia storica disponibile, dell’analisi toponomastica e dell’individuazione di tracce del popolamento antico attraverso la fotointerpretazione. Ma indubbiamente la parte essenziale della ricerca riguarda l’indagine diretta di survey archeologico territoriale (ricognizione topografica), condotta con il metodo estensivo ed intensivo (Marchi 2015).

L’esperienza del nostro gruppo di lavoro, acquisita nel corso di questi anni, non può che sottolineare la centralità della raccolta diretta dei dati archeologici attraverso la ricognizione sistematica. Si deve sottolineare non solo l’imprescindibile necessità di percorrere direttamente i terreni per un metodo di raccolta scientifica dei dati e per la loro attendibilità, ma anche l’utilità di “vivere” il territorio attraverso una nostra presenza costante, che favorisce il contatto con la comunità. In un comprensorio tanto ricco di aree ‘a rischio/potenziale archeologico’ (quelle note e quelle di nuova conoscenza grazie alla ricerca), la presenza diretta è risultata uno strumento di controllo del territorio.

Il confluire dei dati delle nostre ricerche all’interno dei Piani Urbanistici Generali, come nel caso di Casalnuovo Monterotaro, permette di avere un importante riscontro nell’ambito della pianificazione territoriale con un risvolto utile sia nella tutela dei nuovi siti archeologici individuati sia in una più consapevole programmazione dell’evoluzione delle città e dei loro territori di pertinenza.

Le ricerche, sono state avviate nel 2006, affiancate dagli scavi condotti sul sito di Montecorvino (P. Favia, R. Giuliani) e sono tuttora in corso (Marchi et alii 2016;  Marchi, Muntoni 2018; Marchi et alii 2019a; Marchi et alii 2019b; Marchi et alii 2020).

VIVERE IL TERRITORIO

Si deve sottolineare non solo l’imprescindibile necessità di percorrere direttamente i terreni per un metodo di raccolta scientifica dei dati e per la loro attendibilità, ma anche l’utilità di “vivere” il territorio attraverso una nostra presenza costante, che favorisce il contatto con la comunità.

Alla base della ricerca è la redazione di carte archeologiche esaustive e di carte tematiche delle fasi di occupazione finalizzate alla comprensione delle dinamiche insediative degli abitati e dei sistemi di popolamento rurale. Per la realizzazione della carta archeologica è utilizzata, come base cartografica di riferimento, l’ortofoto, affiancata dalla Carta Tecnica Regionale. Inoltre è sempre presa in considerazione la mappa catastale indispensabile per eventuali prescrizioni di tutela, sebbene poco utilizzabile nella fase operativa, perché priva di riferimenti altimetrici. La carta IGM (Istituto Geografico Militare), insuperabile base di riferimento per il quadro d’insieme, in scala 1:25.000, in numerose situazioni è più utile, come cartografia storica che come riferimento diretto sul terreno, ma indispensabile per la toponomastica. 

La realizzazione delle carte archeologiche, ovviamente realizzate su piattaforma GIS, hanno, come già detto, raccolto i dati delle indagini di ricognizione topografica;  a tal fine è stato adottato il metodo estensivo ed intensivo del “Progetto Forma Italiae – Carta Archeologica d’Italia”, di antica tradizione,  già sperimentato per venti lunghi anni nel Progetto Ager Venusinus e in  innumerevoli progetti di indagine topografica in molto settori di Italia. La ricerca si avvale anche di una molteplicità di fonti e si basa sulla localizzazione georeferenziata e rilevata di tutti i rinvenimenti e di tutte le tracce di attività umana, oltre che su un costante confronto multidisciplinare.

Alla ricognizione si affianca, tradizionalmente, la lettura delle fotografie aeree, anche con l’apporto di analisi innovative e applicazioni tecnologiche che agevolano e favoriscono letture e interpretazione dei dati. Un’ulteriore fonte di informazioni può provenire dalla lettura della cartografia storica. La georeferenziazione di alcune mappe risulta preziosa per il recupero di elementi del paesaggio, quali la viabilità o l’evoluzione e i cambiamenti geomorfologici e ambientali. Perciò anche nel nostro progetto sono state recuperate, georeferenziate e infine analizzate una serie di carte storiche, tra cui citiamo, per il loro pregio documentale e storico, la Rizzi Zannoni e le “Locazioni” della “Regia dogana della Mena delle pecore di Foggia” e tutte le produzioni della cartografia IGM.

Accanto alla tradizione è presente l’innovazione: durante questi anni sono stati sperimentati metodi di ricerca archeologica prestati ed adattati alle specifiche finalità del progetto dalla geofisica e altre

discipline.

Un contributo alla conoscenza dei siti in chiave predittiva è stato fornito, accanto a specifiche prospezioni aree (riprese da drone), anche dalle indagini geofisiche (geomagnetiche o elettromagnetiche), fornendo spesso preziosi elementi per le ricostruzioni planimetriche degli edifici. I rilievi aerei sono effettuati con l’obiettivo di individuare eventuali tracce microtopografiche e su suolo nudo (soilmarks) riconducibili a resti archeologici interrati.  Nel settore qui preso in esame si vogliono segnalare i casi di masseria Finocchito dove si riesce a completare la planimetria di un edificio rettangolare, forse una cisterna. Ancora più evidente il caso di masseria Sculgola dove le lettura delle tracce ha permesso la ricostruzione della pianta della villa romana e del convento medievale.

Non sono mancate le acquisizioni dei dati tramite droni. Il settore degli APR vive un momento particolarmente fortuito ed è in continua espansione anche nel settore dei Beni Culturali inteso nel senso più ampio. I droni rappresentano per il settore archeologico una soluzione più veloce e meno dispendiosa delle attività di monitoraggio, di rilevamento e mappatura rispetto alla fotogrammetria tradizionale, inoltre questi velivoli riescono a soddisfare le esigenze di molteplici ambiti di applicazione quali la topografia delle aree archeologiche, i rilievi di monumenti ma anche di scavi, oppure la conoscenza di parti anche vaste di territorio.  In definitiva sono sistemi che consentono di produrre in tempi brevi: elaborati cartografici, acquisizione e registrazione di informazioni archeologiche, elaborazioni e ricostruzioni del passaggio naturale e delle trasformazioni antropiche nelle diverse fasi storiche a diverse scale e risoluzioni.

Con l’ausilio di software di foto modellazione in grado di processare le immagini acquisite durante il volo, è stato possibile, inoltre, produrre modelli tridimensionali, DTM ed ortofoto che vanno ad integrare la consueta documentazione.La realizzazione di DTM (Digital Terrain Model), ottenuto dall’interpolazione delle curve di livello, ha permesso in molti casi di ipotizzare una ricostruzione del paesaggio tridimensionale in antico e quindi una sua eventuale “virtualizzazione”, di percepire e individuare in modo più agevole forme sistematiche di insediamento antropico e di porre ulteriori ipotesi di ricerca circa la presenza di strutture e vissuti umani in una determinata posizione altimetrica o su pendenze ed esposizioni particolari rispetto all’ambiente circostante. Il legame tra l’analisi storico-topografica, la geografia fisica e la geologia è sempre stato infatti un elemento fondamentale per la ricostruzione delle dinamiche insediative e dei paesaggi antichi. Nell’incrocio tra archeologia, geologia e cartografia storica si ritrova la possibilità di leggere ed interpretare le trasformazioni naturali di un territorio avvenute nel passato geologico fino alla condizione attuale anche in relazione alla stratificazione storica degli insediamenti.

Sono state inoltre condotte indagini geomagnetiche (in collaborazione con il CNR di Potenza) in alcuni contesti scelti, e ci si è avvalsi delle tecniche Lidar (LIght Detection And Ranging) per l’individuazione di strutture nascoste da vegetazione.

L’evoluzione dei metodi che affianca sempre una tradizione di studi che affonda le radici nella scuola di Topografia ottocentesca ma che si affaccia all’innovazione già a partire dall’introduzione di tecniche all’avanguardia alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, e che si proietta verso la sperimentazione di nuove tecnologie, ha portato all’acquisizione e alla elaborazione e processione di una mole elevatissima di dati. Oltre quindici anni di ricerche topografiche hanno permesso di costruire un percorso culturale che ha avuto tanti protagonisti: ricercatori, studiosi, studenti, funzionari della soprintendenza, amministratori e cittadini. Abbiamo insieme ricostruito la storia di questi territori dalla più remota antichità ad oggi.

Maria Luisa Marchi, Giovanni Forte

La tutela

Grazie alle attività di ricerca, condotte nel comprensorio di Casalnuovo dall’Università degli Studi di Foggia, è stato possibile acquisire dati territoriali rilevanti riguardo le relazioni tra uomo e paesaggio nell’antichità e individuare nuovi siti di interesse archeologico. Queste indagini associate agli interventi di archeologia preventiva hanno fornito alla Soprintendenza efficaci e imprescindibili strumenti per la tutela archeologica.

Le recenti indagini, realizzate con la direzione scientifica della Soprintendenza, nell’ambito territoriale di cui il museo si propone di raccontare l’identità culturale, hanno interessato i comuni di Casalvecchio di Puglia e Castelnuovo della Daunia. Le operazioni sono state svolte in relazione ai lavori utili all’infrastrutturazione del territorio, quali la messa in opera di gasdotti e interventi relativi all’impianto di potabilizzazione del fiume Fortore.

Nel territorio di Castelnuovo della Daunia, presso la località Masseria Trotta, le operazioni di ricognizione avevano già permesso l’individuazione di una fattoria di età tardoantica e il ritrovamento di una stele sepolcrale di età severiana (Russi 1985; Volpe 1990, p. 133, n. 177).  Tra il 2007 e il 2008, in occasione della realizzazione del metanodotto “Interconnessione SNAM con Reggente-Chieuti”, le attività archeologiche hanno consentito di confermare l’individuazione dell’edificio di età tardoantica e di indagarne diversi ambienti (Pacilio, Ceci 2010, pp. 379-383). Tra i materiali è stata rinvenuta ceramica acroma fine da mensa, da fuoco, sigillata africana C e D, dipinta in rosso e grandi contenitori. Due vani, messi in luce a breve distanza dal primo gruppo di ambienti indagato, mostravano tracce di combustione relative a un incendio. In uno dei due ambienti è stato rinvenuto un grande dolio ancora in situ, insieme alle tracce di alloggiamento di altri grandi contenitori e a una rilevante quantità di frammenti di anfore. I due ambienti, facenti parte dell’area produttiva del complesso, svolgevano la funzione di magazzino.

Tutti gli ambienti erano interessati da più fasi edilizie. A est dei magazzini sono state, inoltre, individuate due tombe a fossa terragna la cui copertura era costituita da lastroni fittili. I defunti, due individui di sesso maschile di età matura, erano stati inumati con un modesto corredo costituito per entrambi da ollette acrome, una delle quali conteneva all’interno una lucerna, una moneta e un chiodo. In base ai dati forniti dai corredi, le tombe sembrano risalire al medio impero e non sono quindi riferibili alla fase di frequentazione tardoantica del sito.

In località Masseria Finocchito, posta al confine tra Castelnuovo della Daunia e Casalvecchio di Puglia, è noto un vasto insediamento preromano databile dal VI al III sec. a.C. (Marchi, Buffo 2010, p. 143; Marchi, Forte 2012, p. 274 ;Volpe, Goffredo, Romano 2012, pp. 475-488)  e ascrivibile, forse, ai centri antichi di Gereonium o Acuca

L’insediamento di Finocchito è situato nell’area circostante l’attuale masseria, su un pianoro lambito dal canale omonimo e dal canale S. Pietro; la necropoli è posta, invece, sul lato settentrionale dell’abitato, dove attualmente ricade l’impianto di potabilizzazione del Fortore. Durante la realizzazione dell’impianto, nel 1972, sono state rinvenute numerose sepolture, databili sulla base dei corredi tra il IV e il III sec. a.C., delle quali una è esposta al museo (Russi 1982, p. 181). Nel 2019, durante le operazioni di sorveglianza allo scavo di una condotta interna all’impianto, è stata individuata una tomba alla cappuccina composta da copertura in tavelloni fittili e scavata direttamente all’interno del banco argilloso.

Purtroppo, la sepoltura si presentava già sconvolta e manomessa in passato ma molto evidenti erano le tracce di combustione e i residui di carbone e ceneri; si potrebbe ipotizzare un rituale funerario di semi incinerazione in cui il corpo del defunto era esposto alle alte temperature della pira rituale, tali da consumare i tessuti e calcinare le ossa. La ceramica rinvenuta all’interno della sepoltura, riferibile al Subgeometrico Daunio III, ne determinava la datazione tra la fine del V e il IV sec. a.C. Inoltre, nell’area immediatamente adiacente all’impianto di potabilizzazione, nel 2021 sono emerse importanti evidenze che attestano la frequentazione del sito a uso cimiteriale e a uso abitativo. In particolare, un primo saggio ha permesso l’individuazione di una sepoltura di IV-III sec. a.C., con doppia copertura in lastroni e tavelloni. L’inumato, deposto supino all’interno di una cassa in tavelloni, ha restituito come unico corredo un bracciale e un anello digitale in bronzo. Un secondo saggio, posizionato più a sud rispetto al primo, ha consentito il rinvenimento di una grande fossa semicircolare forse pertinente a una struttura capannicola infossata, probabilmente di epoca daunia.

Infine, sono attualmente in corso indagini archeologiche preventive, condotte in occasione della realizzazione del metanodotto SNAM “San Salvo – Biccari”, che hanno permesso, da un lato, di confermare la presenza di alcune aree di interesse archeologico note già in precedenza grazie alle campagne di ricognizione (località Masseria Dragonarella, Masseria Sculgola e Pinciarella) e, dall’altro, di individuarne di nuove, grazie al rinvenimento in superficie di materiale archeologico in dispersione (Piano di Refe e Masseria Mezzana del Salice). Tali aree saranno oggetto di verifica sul campo attraverso l’esecuzione di indagini archeologiche mirate o in estensione, che daranno la possibilità di raccogliere ulteriori preziosissimi dati, utili sia alla ricostruzione storica dei paesaggi sia a una maggiore comprensione delle dinamiche sociali che hanno interessato questo vasto territorio nel corso dei secoli.

Domenico Oione